La storia di Marco Croci

La storia di Marco Croci

Tutto è iniziato per caso. Mai avremmo potuto immaginare che il calo di peso, i disturbi digestivi a otto mesi dall’arrivo del nostro secondogenito e a due mesi dal matrimonio, avrebbero sconvolto per sempre le nostre vite.

Marco, era il classico “ragazzone” fisicato. Sportivo, sempre di buon umore, allegro, solare, di buona forchetta, e compensava gli “sgarri” alimentari correndo per raggiungere i suoi obiettivi. Il suo sogno era fare almeno una maratona nella vita e così si allenava percorrendo le mezze maratone.

Amava la montagna, lo snowboard, la musica, il cinema e la lettura. Amava il mare e non perdeva mai occasione di immergersi per scoprire nuovi mondi.

Con me al fianco aveva ripreso a viaggiare ed era felice come un bambino. Era un uomo curioso. Amava le sfide, sia personali sia lavorative. E’ sempre stato un combattente. Non si arrendeva mai al primo ostacolo, anzi, diceva sempre che aveva bisogno di stimoli per non annoiarsi e dare sempre il massimo.

La fine del 2018 e l’inizio del 2019  è stato un periodo ricco di avvenimenti per noi.

Abbiamo affrontato insieme la nascita del nostro secondo figlio arrivato con quattro settimane di anticipo. La nostra nuova vita a quattro ha iniziato a prendere forma tra alti e bassi. Poi c’è stato l’arrivo del nuovo lavoro di Marco, che ci ha portato a prendere una decisione importante: sposarci. E così a febbraio 2019 è stata fissata la data del nostro matrimonio: giugno 2019.

Le nuove dinamiche familiari, la stanchezza, i nuovi progetti, il lavoro che richiedeva sempre di più… ma   nonostante tutto questo Marco andava avanti, cercando di “accontentare” tutti. E forse in questa fase abbiamo sottovalutato quello che il suo corpo gli stava trasmettendo. Doveva fermarsi.

I segnali ricevuti non li avevamo mai associati a ciò che poi fu diagnosticato a seguito di un malessere, in aprile del 2019: carcinoma allo stomaco al IV stadio.

Quella parola rimbombava soprattutto nelle mie orecchie e nella mia testa. Non potevo pensare che fosse veramente accaduto a noi.

E’ cosi è iniziato il nostro incubo.

La fase iniziale non è andata come ci aspettavamo. Un po' per la paura, la non conoscenza, la mancanza di informazioni, ci siamo sentiti smarriti e persi. Marco un giorno mentre aspettava di fare la terapia, si è sentito  trascurato e ha perso le staffe. Fu in quella situazione che abbiamo fatto conoscenza con il primario dell’oncologia dell’ospedale San Carlo. Da quel momento è diventato il nostro punto di riferimento.

Sono seguiti gli incontri in reparto per la chemioterapia, i ricoveri, le ansie e le paure. I primi tre mesi sono stati “passeggeri” se cosi possiamo definirli.

Marco reagiva bene alle cure. E a giugno dopo un assaggio di luna di miele siamo riusciti a sposarci.

Poi, le cose sono cambiate. Il corpo di Marco ha iniziato a subire una trasformazione e nel giro di poco tempo a stento riusciva a camminare. È stato in questo frangente che è subentrata un'altra figura molto importante per noi: la psicologa dell’Ospedale che ci ha presi in carico.

Abbiamo iniziato a fare degli incontri per imparare a gestire e superare i “momenti no”.

Marco è sempre stato molto forte. Ha preteso di sapere da subito la verità anche se dolorosa, e questo gli ha permesso di vivere la malattia con paura ma con consapevolezza.

Per lui i ricoveri sono diventati le nostra luna di miele. Sono stati dei momenti per noi, in cui eravamo io e lui nel raccontarci e nel progettare il nostro futuro. Cercava di sdrammatizzare quello che succedeva e ci riusciva. Ci siamo fatti un sacco di risate. Ci siamo confessati, raccontati. Insomma eravamo tornati noi. Io e Lui. Fino al 9 dicembre 2019. L’ultimo ricovero. Abbiamo trascorso 8 giorni in reparto. Io con lui, mattina e sera, tranne la notte. I primi giorni si sorrideva. Ricordo ancora le infermiere che battibeccavano per la preparazione dell’albero di Natale, che poi è diventato bellissimo e Marco ne era estasiato. Adorava il Natale e sono riuscita anche a portarlo fuori, all’aperto, con la sedia a rotelle a vedere la neve che adorava.

Aspettavamo il martedì per l’aperitivo nella sala d’attesa. Si attendeva il volontario dell’Associazione Amo la Vita con il cestino delle meraviglie per scambiare due chiacchere.

Sono stati otto giorni intensi. Avevamo l’amico di sempre del Pronto Soccorso, che passava tutti i giorni per un saluto e a sincerarsi che Marco stesse bene. C’erano le infermiere che si prendevano cura di me portandomi da mangiare e da bere.

Il primario del reparto di oncologia è sempre stato molto disponibile ad ogni nostra richiesta ed è riuscito a instaurare con Marco un rapporto di fiducia, che andava oltre al solo rapporto tra medico e paziente. C’era il rispetto, la stima, le passioni in comune. C’era qualcosa in più.

E poi, c’era e c’è lei, la psicologa dell’Ospedale, pacata e presente che ci ha accolto e ascoltato e che ancora oggi ascolta me.

Purtroppo la permanenza in ospedale si è conclusa a due giorni dal suo 45esimo compleanno, e da una settimana prima di Natale.

La perdita di Marco è stata devastante. Per tutti noi ma soprattutto per i nostri bambini. Ci ha lasciati così, inaspettatamente, ma è riuscito comunque a lasciarci qualcosa di magico.

E’ impossibile essere tristi. Certo la mancanza c’è e si sente in tutto e dappertutto. Ma lui c’è. Lui è li che saltella tra una stella e l’altra e ci sorride. Sì ci sorride, perché Marco amava la vita e nonostante la malattia lo avesse fermato, lui non era arrabbiato. O almeno non lo ha mai detto. Ha sempre dato forza a tutti noi. A me per prima. Uno dei motivi per cui oggi continuo a sorridere è proprio questo. Lui non ha mai smesso di sorridere nonostante il dolore, la paura e la sofferenza. Lui mi ha fatto capire che si muore, sì, ma ci si trasforma, diventiamo energia e continuiamo a vivere.

E se lui è andato avanti, perché dovremmo fermarci noi?

Ed è per questo motivo che ho deciso, con il supporto della famiglia e degli amici, di sostenere tutto ciò che per Marco è stato Vita negli ultimi mesi.

L’associazione Amo La Vita Onlus, è per me un filo invisibile che mi lega a Marco. E’ un filo che non si potrà rompere, perché Marco si è fidato di tutte quelle persone che ne fanno parte. Marco si è sentito amato, curato e io voglio continuare a diffondere questo amore perché è ciò che lui faceva quando era in reparto. Sosteneva e dava supporto ai malati come lui. Marco donava sorrisi e allegria. Aveva questo potere. Tutto ciò che stava intorno a lui si colorava. E Io questi colori voglio continuare a diffonderli.

Ed è quindi doveroso dire grazie al primario dell’Oncologia del San Carlo, alla psicologa dell’Ospedale, all’amico del Pronto Soccorso, alle infermiere del reparto di Oncologia, alle Dottoresse amiche da tempo e sostenitrici in quei mesi infernali, ai volontari che ci hanno sostenuto, supportati e sopportati. Il nostro grazie va a tutte le persone dell’Associazione, che da dietro le quinte date la possibilità di sorridere anche solo per una frazione di secondo.

 

"Questa è una delle mie fotografie preferite,

è stata scattata il giorno del nostro matrimonio e lo rispecchia in pieno: 

gioia, solarità, forza, allegria, calore e colore.

Eppure

aveva già subito 4 cicli di chemio,

aveva il "biberon" come lo chiamava lui,

e una bella cicatrice sul petto per fare la chemio.

 

Quando dico che era vita...mi riferisco sempre anche a questa foto!"

 

Maria, moglie di Marco.